sabato 21 febbraio 2009

L'idea è quella di prendere spunto da canzoni (o singoli versi) per "riambientarle" in racconti, fornire loro una nuova storia. Il secondo esperimento è con "Ovunque proteggi di Vinicio Caposela. Buona lettura.

Girarsi su di un lato con disinvoltura, naturalezza e perfetto tempismo. Il gesto giusto al momento giusto. A loro insaputa, entrambi erano ormai diventati “specialisti” in materia.
Routine matrimoniale, difficoltà comunicativa, chiusura emotiva? Sterili definizioni. Tutto questo certo, ma soprattutto dell’altro: quell’altro che si annida nella zona neutra del non detto. Quell’altro che avvertivano, prima di tutto, sulla propria pelle.
Lui o lei in questa storia sono intercambiabili, perché entrambi sapevano di sapere ma non riuscivano a condividerla, la loro consapevolezza. E allora ci pensò la grande nevicata.

Lui o lei non ha importanza, fatto sta che quella sera gli scuri della finestra restarono aperti sui fiocchi che scendevano fitti e regolari. Insieme ai fiocchi la luce e il silenzio - quella luce e quel silenzio che solo una nevicata riesce a creare in un tempo sospeso - fecero il resto.
Le mani ritornarono carezzevoli, i gesti a proporsi naturali. Lui o lei non ha importanza. Dal riproduttore stereo Ipod, dono di Natale, una mano consapevole e sicura selezionò e diffuse:

Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore,
adesso e per quando tornerà il tempo...
Il tempo per partire,
il tempo di restare,
il tempo di lasciare,
il tempo di abbracciare.
In ricchezza e in fortuna,

in pena e in povertà,
nella gioia e nel clamore,
nel lutto e nel dolore,
nel freddo e nel sole,
nel sonno e nell'amore.
Ovunque proteggi la grazia del mio cuore.
Ovunque proteggi la grazia del tuo cuore

domenica 8 febbraio 2009

La luna del pomeriggio

L'idea è quella di prendere spunto da canzoni (o singoli versi) per "riambientarle" in racconti, fornire loro una nuova storia. Il primo esperimento è con 3/4 di Gian Maria Testa. Buona lettura.

Almeno non avevano fumato. Su questo era stata irremovibile. La casa disponibile per gli amici (di lui), accoglienza e buonumore assicurati, ma niente sigarette. Magra consolazione, pensò nel riporre piatti e bicchieri nella lavastoviglie.
L’ennesima serata di parole, di discorsi, lievi, triviali, impegnati. Maschili. Ad un certo punto aveva provato a contarli gli “io” pronunciati, i verbi declinati alla prima persona.
Una alluvione, meglio perdere il conto. Meglio perdersi, estraniarsi pur dimostrandosi presente, vigile e pronta ad interloquire. Ma nessuno l’aveva coinvolta, neanche lui ma questo per ripicca e lei lo sapeva. Ritorsione per essersi imposta e aver dettato la seconda condizione: la sua presenza all’ennesima serata tra amici.
Nulla avevano potuto le sue meschine obiezioni: “ma poi lo sai si finisce a parlare di cose maschili, qualcuno potrebbe sentirsi in imbarazzo, è la nostra serata”.La nostra serata.
Ci sono espressioni che ti tolgono il fiato e ti ritrovi al tappeto e capisci che no, questa volta non ce la farai a rialzarti prima del 10. Invece aveva incassato e trovato la forza insperata di reagire.
No, questa volta non era caduta, si era ripresa e con un ampio e profondo respiro aveva contrattaccato: “anch’io o niente”.Ma adesso aveva capito che la sua presenza era stata un’aggiunta forzata. L’aveva trattata come sopramobile, come chi c’era ma non doveva esserci.
Alla fine era stata una prova di forza inutile, stupida. Maschile. Chiusa nella sua stanza, sola, capiva tutta la tristezza di un rapporto senza presente, avvertiva la mancanza di parole tenere, carezzevoli, come:

Volevo tenere per te,
la luna del pomeriggio.
Volevo tenerla per te,
perchè sola com'è solo il coraggio.
Volevo tenere per te,
la luce di quando fa giorno
e volevo che fosse per te
anche l'attesa che diventa ritorno...
E volevo tenere per te
la piu' vera di tutte le rose,
volevo tenerla per te,
come tutte le cose...
come tutte le cose