martedì 22 gennaio 2008

Alberi

Sono le letture vagabonde, non programmate, quelle che aprono sentieri inattesi, favoriscono collegamenti, risvegliano pensieri ed emozioni accantonate come legna stagionata o conserve di frutta.

Sulla rivista di poesia "Niebo" (numero11, febbraio-marzo 1980), rileggo Boleslaw Lesmian (1877-1937), poco conosciuto poeta polacco e mi colpisce (ricolpisce) questo componimento:

Ecco, il sole trafigge di luce la selva lontana,
porgendo ai pini dal cielo il segno segreto della sera.
Ecco, i pini sono arsi, come se nelle profondità della selva
d'improvviso un che di scarlatto sia accaduto in eterno!


Attirato da quel segno, accorro là senza indugio,
per cogliere in tempo, prima di entrare nella notte buia,

nel suo esiguo durare e vedere con i miei occhi
ciò che già gli alberi hanno visto prima di me.

Da albero ad albero, da lettura presente a lettura passata il passo è breve. Annotare sempre (a matita mi raccomando) i passi che ci colpiscono ad una prima o seconda lettura: io ci metto quasi sempre la data delle letture, il numero di pagina corrispondente e un soggetto.
Ecco allora in Erri De Luca Tre cavalli le annotazioni "alberi":

Un albero ha bisogno di due cose: sostanza sotto terra e bellezza fuori. Sono creature concrete ma spinte da una forza di eleganza. Bellezza necessaria a loro è vento, luce, uccelli, grilli, formiche e un traguardo di stelle verso cui puntare la formula dei rami.

Un albero assomiglia a un popolo, più che a una persona. S'impianta con sforzo, attecchisce in segreto. Se resiste, iniziano le generazioni di foglie. Allora la terra intorno fa accoglienza e lo spinge verso l'alto...

Impariamo alfabeti e non sappiamo leggere gli alberi. Le querce sono romanzi, i pini sono grammatiche, le viti sono salmi, i rampicanti proverbi, gli albeti sono arringhe difensive, i cipressi accuse, il rosmarino è una canzone, l'alloro è una profezia.

sabato 19 gennaio 2008

Parole

Tanti discorsi, libri, riflessioni, tanto "cogito ergo sum" (penso dunque sono) dove ci hanno portati?

Sento la necessità di respirare parole nuove, perchè anche le parole sono inquinate. Ecco allora parole-aria, parole-nuvole, parole-vento per reimparare a pensare e ad agire.


"Come un'ape raccogliendo il miele, assapora il fiore ma non ne danneggia il colore o il profumo. Così ha detto il Buddha. Dunque, occorre sapere se siamo simili a un'ape o a qualcos'altro" .

(Shunryu Suzuki, Lettere dalla vacuità)


"Non c'è tranquillità nelle città dell'uomo bianco.
Non si ode il fruscio delle foglie che si aprono in primavera né il frullare delle ali degli insetti... e cos'è la vita se un uomo non può sentire il richiamo del caprimulgo o il gracidare delle rane di notte, attorno allo stagno?...
Ciò che accade alla terra, accade ai figli della terra.
Se l'uomo sputa sul suolo, sputa su se stesso.
Questo sappiamo... non è la terra che appartiene all'uomo ma l'uomo alla terra.
Tutte le cose sono unite tra loro come il sangue che lega una famiglia.
Ciò che accade alla terra accade ai figli della terra.
Non è l'uomo che ha tessuto la ragnatela della vita; lui ne è solo un figlio.Ciò che fa alla ragnatela lo fa a se stesso".


(Capo Seattle, Nelle città dell'uomo bianco)

lunedì 14 gennaio 2008

Vergogna e preghiera

In un libro bellissimo e densissimo "Politica della bellezza", uno di quei libri che ti aprono nuove prospettive di pensiero e paradigmi di vita, James Hillman parla del "brutto e dell'enorme" che caratterizza le nostre città e condiziona la nostra vita quotidiana.

Pensiamoci un attimo: parliamo e discutiamo di superstrade, di treni ad alta velocità, di supercalcolatori, di surriscaldamento globale; frequentiamo super e ipermercati, abitiamo o lavoriamo in grattaceli, in grandi costruzioni.

Tutto questo (e altro beninteso) spiega Hillman crea "un ottundimento psichico che è il nostro attuale malessere, una anestesia della nostra sensibilità".

Tra i fattori per la cura dell'enormità e del brutto (ne riparleremo) Hillman indica anche la VERGOGNA. La vergogna che ci fa arrossire è un "vero e proprio afflusso divino, è l'emozione dell'ecologia".

E al riguardo cita questo bellissimo canto Navaho che, ogni giorno, dovremmo recitare come una preghiera, come un salvacondotto.


Mi vergogno di fronte alla terra;
mi vergogno di fronte ai cieli;
mi vergogno di fronte all'alba;
mi vergogno di fronte al crepuscolo;
mi vergogno di fronte al cielo azzurro;
mi vergogno di fronte alle tenebre;
mi vergogno di fronte al sole.

Una di queste cose mi sta sempre guardando.
Non sono mai al di fuori del loro
sguardo.

martedì 8 gennaio 2008

Calendario

Ho trovato su un bel libro di poesie di Giuseppe Conte, L'ultimo aprile bianco, la traduzione del calendario dei Sioux-Oglala. Si chiama "Lune".

Quanto amore e rispetto per la vita, quanta anima sprigionano queste parole-essenze. Nessun compiacimento estetico-letterario o intimismo inteso come supremazia del proprio io (do you remember Leopardi?).
Solo natura, poesia e bellezza come doveva essere all'inizio del mondo.


Luna del Ghiaccio nella Tenda
Luna dei Vitelli Rosso Scuro
Luna degli Accecati dalla Neve

Luna quando appare l'Erba Rossa
Luna quando i Cavalli perdono il Pelo
Luna che ingrassa

Luna delle Ciliege Rosse
Luna delle Ciliege Nere
Luna quando ai Vitelli cresce il Pelo

Luna del cambio di Stagione
Luna delle Foglie Cadenti
Luna degli Alberi Scoppiettanti.

venerdì 4 gennaio 2008

Amici in pizzeria

Succede una sera tra amici, in pizzeria. Succede che i discorsi si fanno intensi e leggeri, caldi e sinceri, scendono compatti come fiocchi e si posano senza fare rumore. E insieme ai discorsi, i ricordi.

"Ho l'immagine ancora viva di quando, avrò avuto due o tre anni, ero in braccio a mio padre e gli chiedevo dov'era la mamma. Lui non lo sapeva e non sapeva neppure come fare per darmi da mangiare".

"Io ricordo da ragazzino una vigilia di Natale al cinema con mio padre, una delle poche volte insieme, a vedere Ben Hur. Poi siamo usciti e scendeva la neve".

Uomini in pizzeria. L'amicizia che scalda e scioglie i cuori. Uomini che evocano il passato e intanto (anzi, forse proprio per questo) progettano il futuro. "Allora deciso: a maggio in Spagna a trovare M. e poi trekking e terme dalle parti di Siena".

Uomini che stanno bene insieme. Ah, dimenticavo. Ieri sera non solo dentro ma anche fuori, nevicava.

giovedì 3 gennaio 2008

Come siamo e cosa vogliamo

Siamo felici ma solo in "privato". Siamo "arrabbiati" e vediamo gli altri come "opportunisti". Ci sentiamo sempre più "depressi" ed "egoisti", ma soprattutto viviamo in una dimensione di "disillusione".

Disillusi nei confronti della politica e della società. Non le beviamo più e pronunciamo le parole con sospetto. Ma crediamo ancora nel futuro, abbiamo speranza nel futuro se alla domanda "Cosa serve all'Italia?" rispondiamo, nell'ordine, "più giovani al posto di comando" (40,8%), "migliorare la scuola e l'università" (31,3%) e "più autorità e decisione da parte di chi comanda" (29,2%).

A seguire riteniamo che all'Italia serva:

  1. più solidarietà sociale,
  2. più disponibilità a fare sacrifici per il bene comune,
  3. più ottimismo e fuducia in se stessi,
  4. più attenzione alla tecnologia e alla innovazione

E' questa la fotografia che emerge dal sondaggio Demos-Eurisko, i cui dati sono pubblicati oggi da "La Repubblica".

Strano come non venga elencato un valore e uno strumento come quello della partecipazione. Partecipazione alle scelte politiche che ci riguardano come cittadini, partecipazione alla costruzione del bene comune, partecipazione come crescità del senso civico.

Non è certo un caso che gli intervistati ritengano se stessi "arrabbiati" e gli altri "opportunisti" e che ci si senta "disillusi".

Ma la rabbia, la disillusione senza la "partecipazione" rischiano di produrre opportunismo, mancanza di senso civico, di disponibilità a concorrere al bene comune, arte in cui siamo saldamente maestri.